Il COVID19, infatti, promuove una “tempesta di citochine” nella mucosa intestinale, innescando un danno epiteliale che aumenta la permeabilità della barriera, permettendo alla gliadina di “infiltrarsi” nella lamina intestinale. Tuttavia, il possibile impatto dell'infezione da SARSCoV2, e della malattia che ne deriva, sui tassi di malattia celiaca rimane sconosciuto, senza dati attualmente disponibili sullo sviluppo di disturbi sistemici o sugli esiti a lungo termine.
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un team di ricercatori ha recentemente deciso di evidenziare il potenziale rischio di un aumento dei tassi di celiachia tra i soggetti geneticamente predisposti a seguito dell'infezione da SARSCoV2, sulla base di diversi fattori che potrebbero favorire lo sviluppo della malattia celiaca.
Il gruppo di ricerca comprendeva Chiara Maria Trovato, Monica Montuori, Nicoletta Pietropaoli e Salvatore Oliva. Sono variamente convenzionati con l'Unità Operativa di Gastroenterologia e Fegato Pediatrico, Dipartimento di Salute Materno-Infantile, Sapienza Università di Roma, Roma, Italia; e l'Unità di Epatologia Gastroenterologia e Nutrizione, Ospedale Pediatrico "Bambino Gesù", Roma, Italia.
Il team ha utilizzato la letteratura medica attuale per aiutarli a ipotizzare il ruolo di COVID19 come possibile fattore scatenante per lo sviluppo della malattia celiaca in individui predisposti. Suggeriscono che le persone geneticamente predisposte potrebbero avere maggiori probabilità di sviluppare la celiachia in seguito all'infezione da SARSCoV2, rendendo COVID19 un potenziale fattore di aumento dei casi di celiachia in futuro.
Un aumento inaspettato dei casi di celiachia tra individui geneticamente predisposti sulla scia della pandemia di COVID19 sosterrebbe l'ipotesi del team. Il tempo dirà se hanno ragione. Resta sintonizzato per ulteriori storie su COVID19, celiachia e argomenti correlati.
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