Un documento del 1995, revisionato leggermente nel 2003, vieta l'ordinamento a chi non può assumere glutine: troppo centrale è il rito eucaristico nell'ambito della chiesa cattolica. Cosa sicuramente vera: ma allora che peso attribuire alla vocazione che non può trovare consacrazione di un celiaco?
Nel 1995 è stato approvato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede un documento che recita quanto segue: "i candidati al sacerdozio che sono affetti da celiachia o soffrono di alcoolismo o malattie analoghe [...] non possono essere ammessi agli Ordini Sacri". Di certo mettere sullo stesso piano celiachia e alcolismo è quantomeno grottesco: se dall'alcolismo infatti ci si può "disintossicare", la celiachia non è ancora annoverata tra i mali della società; che il prossimo passo sia l'introduzione di "guida in stato di celiachia"?
Scherzi a parte l'associazione dei due mali nasce ovviamente dai due elementi cardine del rito eucaristico: pane e vino. Il pane, infatti, per essere ammesso al rito della transustanziazione, ovvero la trasformazione del pane in carne e del vino in sangue di Cristo, deve a quanto pare contenere glutine.
Nel 2003 viene corretto il tiro: non si parla più di ammissione agli ordini sacerdotali, quanto di ammissione al rito eucaristico; viene quindi riconosciuto il diritto a ricevere l'ordinamento, ma non a celebrare il rito dell'ucarestia: un passo avanti non da poco.
Bisogna ricordare che il rito eucaristico non ha valenza simbolica e la transustanziazione è una reale trasformazione del pane in carne e del vino in sangue: rimanendo quindi ortodossi a quanto sancito nel concilio di Trento del 1551, il celiaco non dovrebbe temere l'ostia con il glutine in quanto dopo la consacrazione questa è "sostanzialmente" carne. Differente la posizione delle chiese protestanti che per la maggior parte vedono nel rito eucaristico una valenza simbolica. La celiachia, e l'alcolismo, metterebbero quindi forse in discussione un dogma tra quelli centrali della chiesa cattolica? L'intolleranza al glutine crederà al dogma oppure farà patire le pene dell'inferno a chi ritiene di stare assumendo anche sostanzialmente il "Corpo di Cristo"?
Al di là di questioni dogmatiche, ci pare in leggera contraddizione il fatto che, a differenza del sacerdote, il comune fedele può, presentando regolare certificato medico, assumere ostia priva di glutine partecipando al rito eucaristico. Quindi le ostie senza glutine non possono essere consacrate da un prete celiaco, ma sono comunque "regolari" al fine del sacramento?