Da un recente studio nostrano pubblicato sul Journal of Proteome Research sono emersi dei dati piuttosto interessanti per quel che riguarda la diagnosi precoce della celiachia, prima ancora che questa abbia effetti sui villi intestinali e quindi conduca al malassorbimento delle sostanze nutrizionali.
Antonio Calabrò, ricercatore a capo del centro di riferimento regionale toscano sulla celiachia, ha evidenziato come, pur in assenza di atrofia dei villi tra soggetti celiaci potenziali e celiaci conclamati è stata rilevata una irregolarità metabolica dovuta all'ingestione di glutine. Se i risultati di questo studio venissero confermati si potrebbe con il tempo giungere ad una diagnosi di celiachia prima ancora che l'intolleranza al glutine cominci ad intaccare il sistema dei villi intestinali e quindi a produrre la sintomatologia comune legata alla malattia celiaca.
Le problematiche che però introduce questo studio sono molteplici. Per ora infatti l'unica diagnosi "definitiva" circa la celiachia è data dalla biopsia intestinale, attraverso la quale il sistema sanitario nazionale riconosce al celiachia tutta una serie di esenzioni e i buoni per effettuare l'acquisto di alimenti senza glutine. Secondo questo attuale sistema di diagnosi un celiaco lo è effettivamente solo quando ha conclamato gli effetti negativi, mentre questa ricerca aprirebbe uno spiraglio per una diagnosi non basata solo sulla gastroscopia.
Tecnicamente, se al rilevamento di questa attività metabolica alterata, si facesse seguire una dieta priva di glutine, il celiaco non diventerebbe mai veramente tale. E questo è un problema piuttosto grande che conoscono da molto vicino tutti quei celiaci che non hanno seguito il regolare percorso di diagnosi, ma che, seguendo una dieta priva di glutine hanno visto scomparire i sintomi legati alla celiachia.