La celiachia e le sue interazioni con la psicologia della persona
Oggi vi segnaliamo un interessantissimo articolo del dott. Quirino Zangrilli che parla diffusamente di come il morbo celiaco possa influire sui processi comportamentiali e cognitivi della persona.
Gentili Amici, quando mi è stato chiesto di dare un contributo a questa interessante giornata di studio dedicata alla Celiachia ho avuto un attimo di perplessità. Non esiste, in effetti, una specificità propria delle componenti psicologiche interessate dal morbo celiaco: non abbiamo al momento prove evidenti di una possibile relazione diretta tra malattia celiaca e malattia mentale anche in presenza di casi clinici che segnalano questa associazione. Ma quando mi sono soffermato a considerare che i sintomi delle malattie richiamano funzioni e traumi depositati nella memoria psichica mi sono reso conto che avrei potuto dare un contributo, spero significativo, a questi lavori. fecondazione digestioneBasterà iniziare a riflettere sul fatto che il primo atto di alimentazione coincide con l’inizio stesso della nostra vita ontogenetica: Lo spermatozoo, che ha subito la maturazione spermatica durante il transito lungo le vie genitali femminili, incontra l'uovo nella porzione ampollare delle tube. Inizia la reazione acrosomale: la membrana acrosomale e quella plasmatica dello spermatozoo si fondono, dando origine a pori che permettono la secrezione di enzimi litici, che digeriscono il cumulo ooforo e la zona pellucida dell’uovo. Potremmo dunque dire che la vita comincia con un processo digestivo! Sono reduce da due importantissimi congressi internazionali dedicati alla vita psichica intrauterina e posso affermare che sia unanime opinione che gli eventi psicosomatici intrauterini lascino tracce di memoria ben evidenti nello psichismo dell’essere umano, eventi che ne influenzeranno il destino psicobiologico.
Qualcuno potrà dire, parlando dei disturbi psichici connessi alla Celiachia, “Ma in fondo si tratta solo di intestino!”. Vediamo solo alcune curiosità:
1. Il nostro intestino, sterile durante la vita intrauterina, viene colonizzato tumultuosamente alla nascita da batteri commensali. Il ruolo di questi saprofiti riserva molte sorprese: essi sono necessari alla digestione e rappresentano i primi ambasciatori del mondo esterno. Sono più numerosi delle cellule del nostro corpo e se ne contano migliaia di migliaia di miliardi: non ci stupisce dunque sapere che la massima distribuzione del nostro sistema immunitario (circa il 70% delle cellule), deputato alla conservazione della nostra integrità ed unicità immunobiologica, sia concentrato nell’intestino. Il nostro intestino è la parte più estesa a contatto con l'esterno: «All'interno siamo cavi» dice Michael D. Gershon, neuroscienziato della Columbia University di New York «il corpo viene a contatto con l'esterno non solo attraverso la pelle ma anche attraverso la parete dell'intestino. Un tunnel così ben costruito da consentire all'ambiente circostante di attraversarci senza farci alcun danno». 1
serotonina2. Studi scientifici recenti hanno fornito una nuova concezione dell'intestino umano, che è molto di più del ben conosciuto apparato che serve a digerire e metabolizzare il cibo. Le cellule enterocromaffini del nostro intestino producono il 90% della serotonina presente nel nostro organismo, ormone essenziale al corretto funzionamento delle sinapsi del nostro sistema nervoso centrale. La serotonina svolge un ruolo importante nella regolazione del sonno, dell'umore, della sessualità, dell'appetito e della temperatura corporea. La serotonina è coinvolta in numerosi disturbi neuropsichiatrici, come l'emicrania, il disturbo bipolare, la depressione e l'ansia. Esiste dunque un legame intimo ed evidente tra “pancia” e psiche! Non solo, studi recenti mostrano come il nostro intestino contenga un esteso sistema nervoso, noto come “sistema nervoso enterico”, del tutto simile a quello che si trova nell’encefalo. D’altra parte già l’aspetto anatomico macroscopico dei due organi ci pone suggestive analogie. Tra questo "secondo cervello", come è stato efficacemente denominato dagli scienziati che lo stanno studiando, ed il “primo cervello” esistono scambi di informazioni e profondi feedback: quello che accade nello psichismo (stress, emozioni, conflitti, desideri, paure, gratificazioni) influenza lo stato di salute dell’apparato intestinale e viceversa! Ma la serotonina non è l'unica sostanza secreta dal cervello addominale: esso produce una quarantina di neuromediatori con i quali comunica con il Sistema Nervoso Centrale. Le cellule di entrambi i cervelli, infatti, parlano lo stesso linguaggio chimico. E questo spiega perché spesso nei malati di Alzheimer e di Parkinson si riscontrino lo stesso tipo di lesioni anatomiche in ambedue i cervelli. E perché i farmaci psichiatrici abbiano effetti anche sull'intestino e quelli gastroenterici sul cervello! Un ormone gastrico, la secretina, viene attualmente sperimentato nella terapia dell'autismo. Un farmaco anti-emicrania seda gli intestini iperattivi. Gli antidolorifici calmano alcune infiammazioni del tratto digerente. E alcuni antidepressivi agiscono sull'umore cerebrale, ma anche sul cervello addominale causando diarrea o stitichezza.
3. Dal punto di vista fisiologico, non per nulla, il nostro intestino tenue ha quattrocento metri quadrati di superficie di scambio! Come ricorda S. Fanti : “…Ci possono resecare lo stomaco e l’intestino crasso nella loro quasi totalità, asportare una parte di cervello, gli occhi, un polmone, un rene (o addirittura entrambi), le due braccia e le due gambe. E viviamo. Ma se si va troppo a toccare l’intestino tenue moriamo “. 2
Ma veniamo ora alla parte psicodinamica del mio breve contributo. La prima cosa che dobbiamo cercare di chiarire è la dinamica psichica che si instaura quando, per vari motivi, scatti la proibizione o il dilazionamento dell’alimentazione nel bambino. Nel lattante esiste il bisogno innato della nutrizione, il riflesso di suzione, il riflesso di prensione: tutto fa pensare che esistano delle attività istintuali che per così dire “spingono” in modo indifferenziato il bambino verso l’attività del prendere e mangiare. Sembra che sia proprio il cervello enterico a coordinare e promuovere queste strategiche funzioni innate. Il bambino afferra qualcosa (per es. il seno materno), lo porta alla bocca, se ne nutre, il bisogno si placa, la tensione all’interno dell’apparato mentale si azzera. Ma a livello psichico, rimane la spinta-informazione a prendere: è gradevole prendere. Anche quando il senso di sazietà è subentrato il bambino esercita l’attività del prendere-succhiare poiché, con tutta evidenza, tale attività è retta dal principio di piacere. non puoi mangiarlo!Può accadere che l’attività del prendere-mangiare incorra in degli interdetti e si accenda il semaforo rosso dell’incompatibilità: NO! Questo non puoi mangiarlo! Il desiderio di prendere-mangiare viene bloccato sul posto: questa è la rimozione, un desiderio inibito nella meta: il soddisfacimento pulsionale. Il rappresentante ideativo dell’azione inibita rimane dunque bloccato sul posto ma continua ancora ad essere alimentato dall’energia pulsionale: viene così creato un primo nucleo inconscio che funziona come nucleo agglutinante, una sorta di magnete, sugli elementi simili da rimuovere. Se l’azione del prendere-mangiare non si può fare, non solo non la si fa, ma subentra l'inibizione stessa a pensare di farla. Ma quel desiderio oramai è stato attivato, non può essere cancellato, rimane nell'inconscio e diventa esso stesso fonte pulsionale, poiché la carica pulsionale vi è rimasta legata. Non è giunto alla coscienza e non è stato trasformato in atto poiché si è generata una controcarica inibitoria che l'ha bloccato sul posto. Ecco su questo punto vorrei richiamare la vostra attenzione, sul fatto che, perché una spinta pulsionale, un desiderio inconscio, possa rimanere tale, è necessario un continuo, ininterrotto investimento di energia che mantenga la rappresentazione di ciò che si voleva fare “sul posto”, cioè fuori dal campo della coscienza. Per spiegare questo concetto Freud ricorreva ad un esempio molto efficace che io vi riporterò. Immaginiate che ora, mentre io stia parlando, un disturbatore entri in questa sala urlando a squarciagola e interrompendo i lavori. Dovremmo farlo uscire e chiudere la porta. Ma supponiamo che il soggetto sia particolarmente ostinato, un invasato che non può far altro che entrare e urlare: l’unica soluzione utile per continuare la nostra attività sarebbe quella che tre o quattro di voi, possibilmente i più prestanti fisicamente, dopo aver sbattuto il disturbatore di nuovo fuori, chiudessero la porta e continuamente esercitassero la loro forza, con un continuo dispendio di energie, per mantenerla chiusa. Ecco visualizzata la vita del nevrotico: una continua dissipazione di energia vitale nel tentativo di tenere ben chiuse le porte d’accesso ai suoi desideri infantili incompatibili con l’Io cosciente. Ecco perché i nevrotici lamentano una continua astenia, anche in condizioni di totale riposo psico-fisico.
Ora possiamo tornare al nostro lattante che voleva prendere e divorare il seno materno. Quel desiderio è stato inibito, ma l'attività energetica dell’inconscio lo carica in continuazione: è diventato fonte pulsionale, è sempre in attesa di soddisfazione. Se la sua carica è sufficientemente forte, deformerà le difese dell’io riuscendo a manifestarsi in un modo o nell’altro: ecco il sintomo, un compromesso tra realizzazione della spinta pulsionale originaria e i meccanismi di difesa. Per rimanere all’esempio utilizzato, l’adulto, erede di quel bambino, non si darà al cannibalismo, ma magari divorerà le sue stesse unghie in modo coatto, utilizzando il meccanismo difensivo dell’introiezione dell’aggressività. Quella persona divorerà le sue unghie fino a spolparsi, senza nemmeno rendersi conto di ciò che sta facendo e senza avere la possibilità alcuna di poterselo impedire. E’ chiaro che quando ci si trova in presenza di una situazione come quella del paziente celiaco, in cui, soprattutto nelle fasi iniziali di trattamento, si devono fare rinunce alimentari e sostituzioni, si possano riattivare precedenti fasi di cosiddette fissazioni traumatiche infantili connesse alle vicende nutrizionali, e nella vita di ognuno di noi, anche del soggetto normale, che non a caso definiamo normo-nevrotico, vi sono vicende traumatiche memorizzate, più o meno elaborate. Dunque l’iniziale, necessaria, modificazione delle abitudini alimentari va a reinvestire le tracce inconsce delle precedenti esperienze traumatiche determinando una brusca riattivazione dell’aggressività orale ed un suo possibile riversamento sul compartimento somatico, determinando un feedback patogeno ed un conseguente possibile rinforzo della situazione patologica. dieta del celiacoIn effetti, alcuni studi effettuati su malati di celiachia o intolleranza alimentare hanno rilevato che la dimensione psicologica al momento della diagnosi è caratterizzata da sentimenti d’ansia e tristezza, ma l’emozione predominante collegata all’osservazione della dieta è la rabbia. Nell'età scolare e nell'adolescente, in alcuni casi, la celiachia è stata sospettata proprio sulla base di disturbi del comportamento. Alcuni studi in proposito tenderebbero a collegare tali disturbi con la riduzione del metabolismo delle monoamine (serotonina in primis), responsabili del tono dell'umore, a livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC). Il miglioramento del tono dell'umore e delle attività mentali dopo un periodo di dieta priva di glutine confermerebbe questo dato. 3 Mentre l’adesione alla dieta priva di glutine non comporta particolari resistenze del bambino nel corso della prima infanzia, dato il passivo adeguarsi del bambino alla simbiosi materno-fetale e alle sue regole (in altre parole il bambino si adegua passivamente ai programmi alimentari proposti dai genitori) l'adolescenza è un periodo delicato per il paziente celiaco. E’ in questo delicato periodo che inizia nel prepubere il distacco dagli oggetti su cui aveva investito la libido: cominciano a manifestarsi gli atteggiamenti critici, che tutti conosciamo, verso le figure genitoriali e aumenta l'interesse e l’interazione verso i coetanei, alla ricerca della propria identità. È caratteristica del periodo adolescenziale la messa in discussione dei valori e delle regole in precedenza acquisite, anche attraverso l’utilizzo di una nuova lingua iniziatica, il lessico giovanile e con comportamenti, spesso coatti, di tipo oppositivo. E’ l’eterna opposizione Edipica! Ma la spinta alla differenziazione dal gruppo familiare si esprime anche nelle condotte alimentari: basti pensare alla funzione di totem del chewing gum negli anni sessanta o a quella dei fast food negli anni ottanta. Per i motivi suddetti, ci ricorda la dott.ssa Nadia Daffinà “…è facile capire come l'adolescente con celiachia possa manifestare un rifiuto della propria malattia ed una scarsa compliance alla dieta più che in altre fasi della vita. È bene, inoltre, tener presente come proprio la rigorosità della dieta priva di glutine possa facilitare i comportamenti sopra esposti”. 4 In uno studio su 39 bambini e adolescenti celiaci tutti a dieta senza glutine da molti anni Cinguetti 5 ha valutato (attraverso un questionario clinico) il disagio emotivo e comportamentale. I risultati mostrano come la sensazione di disagio e diversità, riferita come connessa alla dieta, era pressoché assente all'interno della vita familiare, mentre assumeva un'importanza rilevante nei momenti di vita sociale con gli amici.
Un altro aspetto psichico a cui vorrei far riferimento è la modalità inconscia con cui, sia le madri che i bambini vivono qualsiasi aspetto di diversità. Nell’inconscio esiste un meccanismo, denominato Onnipotenza del Pensiero, per il quale il bambino, al fine di recuperare una parte attiva rispetto alle esperienze traumatiche, si mette al centro degli avvenimenti del mondo, strutturando il vissuto che ogni cosa che accada dipenda da lui. E’ facile pensare, dunque, come questo fenomeno possa strutturare sensi di colpa connessi al riconoscimento del proprio stato di salute. Un analogo fenomeno può strutturarsi nella mente della madre che, essendo la fattrice del nascituro (uso il termine nel suo stretto valore etimologico), può farsi carico di intensi sensi di colpa: l’inconscio, purtroppo non conosce l’eziopatogenesi delle malattie!
La brevità del tempo a disposizione mi spinge alle conclusioni: abbiamo visto quanto sia profonda la connessione tra psichismo e fisiopatologia gastrointestinale. Un counseling psicoterapico di gruppo potrebbe essere un valido aiuto per familiarizzarsi a tali inevitabili conflitti di adattamento e consentirne un’elaborazione soddisfacente.